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Calcio, il ds Alessio Ferroni: «Il direttore sportivo è una figura che necessita di competenza e professionalità»

Alessio Ferroni, noto direttore sportivo con esperienze significative in serie C e D, parla a tutto tondo del mondo del calcio e, in particolare, della figura del ds. Grazie alla sua professionalità, riconosciuta in tutta Italia, noi di Mezzogiorno Inside News abbiamo approfondito i dettagli di questo lavoro che necessità di competenza e preparazione.

Perchè ha scelto di fare il direttore sportivo?

«Ho scelto di fare il Direttore sportivo perché amo il calcio, non solo come spettacolo, ma come sistema complesso. Adoro pensarmi come un regista che deve saper interpretare i talenti, comprendere la chimica tra i giocatori e creare un alchimia che va oltre il singolo acquisto. A mio avviso, conta la visione, oltre l’apparenza: in un calciatore devo saper leggere la sua compatibilità tattica, ma specialmente la sua personalità ed il suo potenziale di crescita. Mi affascina, quindi, la capacità di anticipare le mosse e studiare il calcio in tutte le sue evoluzioni».

Cosa fa un direttore sportivo?

«Il ds è colui che acquista e cede giocatori, un abile negoziatore con un buon fiuto per gli affari. Tuttavia, questa visione riduttiva non rende giustizia alla complessità del ruolo e alle responsabilità che comporta. Il direttore sportivo è il cuore pulsante di un progetto calcistico, colui che traduce una visione in una strategia concreta. Un ds deve possedere competenze trasversali: leadership, capacità di mediazione, visione strategica e, soprattutto, la sensibilità necessaria per comprendere e valorizzare le persone con cui lavora. Deve essere un leader silenzioso ma incisivo, capace di prendere decisioni difficili e, allo stesso tempo, di costruire relazioni di fiducia. Deve essere un “visionario realista”».

Perchè è importante il direttore sportivo?

«Il Direttore Sportivo è il ponte tra la società e l’area tecnica, traducendo la visione del club in scelte concrete sul mercato e nella gestione sportiva. È una figura che coordina le strategie di mercato, identifica e valuta i talenti, gestisce le trattative. Il ds deve essere abile a costruire squadre competitive anticipando i competitors, giocando sul concetto della “velocità delle scelte” bilanciando parte tecnica ed economica. Il DS moderno deve avere una visione a 360 gradi: dalla prima squadra al settore giovanile, dall’analisi dei dati alla gestione del budget. Dunque il ds è determinante nella pianificazione strategica che comprende lo scouting, lo sviluppo dei giovani talenti e la costruzione di un’identità tecnica duratura».

Ricerca e scouting sono i concetti chiave?

«La ricerca e lo scouting devono essere un vestito su misura per il club, oltre che un sistema funzionale alle ambizioni, al budget e alla filosofia del club. La statistica è un parametro determinante che concorre alla valutazione di un calciatore. Dunque, non bisogna avere paura dei numeri, ma conoscerli e utilizzarli per delle scelte migliori e più rapide nella costruzione della rosa».

Mentre qual è, per lei, il concetto di squadra?

«La squadra rappresenta ed evoca lo spirito di competizione, sviluppa il concetto di aiuto reciproco e della collaborazione che deve ispirare i membri di essa. Il concetto di squadra deve essere supportato dal “gruppo” come elemento portante e di coesione dei singoli componenti per arrivare ad ottenere la massima espressione delle performance nel rapporto mente-corpo. Il gruppo è l’elemento alla base della squadra: non esiste una squadra senza un gruppo!».

Nel 2025, quanto influiscono i dati nel vostro lavoro?

«Nel 2025 non si può prescindere dall’utilizzo dei dati, sia nello scouting sia nel monitoraggio delle prestazioni atletiche. Nel primo caso, credo che i dati siano un filtro ottimale che possa aiutare il direttore sportivo nella scelta di un giocatore funzionale, il quale abbia un rendimento in linea con le aspettative indipendentemente dal curriculum. Nel secondo caso – a maggior ragione oggi in cui l’intensità è diventata fondamentale nella costruzione di una rosa che ambisca a un campionato di vertice – sostengo che sia decisivo avere nello staff uno specialista dei dati che abbia conoscenze specifiche di data analysis nel settore. In ogni caso, reputo non si possa più avere paura di parlare di matematica applicata al calcio, ma è necessario avere la consapevolezza che questa possa ottimizzare le soluzioni ed essere l’ago della bilancia di un mercato eccellente».

Infine, una battuta sulle sue esperienze.

«Le mie esperienze passano da piazze importanti come Carpi e Siena in serie C e Matera in serie D. Siena è stata senza dubbio la migliore opportunità in termini di esperienza e di formazione avendo rivestito il duplice ruolo di vice direttore sportivo e responsabile del settore giovanile. Ho avuto la fortuna di stare al fianco di Guido Pagliuca, un top player degli allenatori, oltre che uno tra i più bravi e preparati a livello nazionale. A Siena sono stato il vice di Massimo Tarantino, attuale direttore e responsabile del settore giovanile dell’Inter. A Carpi sono stato scelto a capo del settore scouting della prima squadra e ho dolci ricordi di questa intensa parentesi professionale. Il passaggio più sentito e completo per il mio ruolo è stato Matera. Avevo costruito in poco tempo una squadra equilibrata costituita da calciatori forti e, allo stesso tempo, da uomini veri. I valori aggiunti sono stati il mister Salvatore Ciullo e il collaboratore Michele Colucci. I miei saluti vanno a tutte le società per le quali ho lavorato, ma confesso di avere un conto in sospeso con Matera e mi auguro un giorno di poter tornare nella splendida Città dei Sassi…».